Silviastrocche - Silvia Ferrari

Autrice / Educatrice

E … Elio l’elefante

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In Africa, viveva un elefante che si sentiva sempre molto triste perché non riusciva a correre veloce come altri animali.

Di giorno, stava con gli altri elefanti ma guardava altri animali che correvano veloci ed un giorno, disse alla sua mamma: – Vorrei anch’io correre così velocemente, ma sono troppo pesante, non riesco!

La mamma allora gli rispose che gli elefanti non erano fatti per correre come le gazzelle o le tigri, ma potevano passeggiare e fare altre cose importanti, aiutare gli altri animali in difficoltà.

Elio non era convinto di quella risposta, ma un giorno finalmente si presentò l’occasione per capire. Mentre stava passeggiando sulla riva di un fiume, sentì chiamare aiuto, qualcuno gridava dall’acqua. Si avvicinò e vide un ermellino in pericolo perché non riusciva ad uscire dal fiume. Elio allora allungò la sua proboscide e l’ermellino si aggrappò. Aveva salvato una vita! Che gioia, Elio si sentiva felice ed aveva capito che la sua qualità non era di saper correre velocemente, ma di avere un grande cuore per aiutare gli altri!

 

D … Il dinosauro Dino

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C’era una volta un simpatico dinosauro che si chiamava Dino e si era ferito ad un dito giocando con un dado. Era preoccupato perché non sapeva come curare quel taglietto. Poi per fortuna, dopo aver pensato a lungo, prese il doccino e lavò la ferita con acqua, poi sopra il dito si mise un ditale per evitare di farsi di nuovo male.

Dino era più tranquillo, così si sdraiò sul letto, prese un depliant da guardare ed il dizionario per imparare parole nuove, una scatola di datteri per mangiare tranquillo e poi si addormentò. Fece un bel sogno: era in una miniera dove c’erano diamanti ed aveva conosciuto molti amici. Al risveglio era felice, il suo desiderio era trovare nuovi amici per giocare, così prese il dentifricio, si lavò i denti ed uscì di casa per andare alla scoperta di nuovi posti e nuovi amici!

 

C … Il cuoco Marco Cuore

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C’era una volta un cuoco molto famoso di nome Marco Cuore che lavorava nel ristorante “ Acquolina”.

Cucinava antipasti, primi piatti e pizza a forma di cuore, tante cose erano a forma di cuore, i piatti, i tovaglioli e persino i cuscini sulle sedie.

Marco aveva un grande acquario con molti pesci d’acqua salata: polipi, branzini, orate, sardine, cernie. Poi ne aveva acquistato un altro con pesci d’acqua dolce: trote, salmoni e trote salmonate.

Una sera decise di cucinare il salmone, ma quando lo prese dall’acquario gli scivolò dalle mani e nuotò per tutto il ristorante, anche se sul pavimento l’acqua non c’era.  Era tutto a soqquadro e Marco non riusciva più a trovare il salmone.

Spaventato, il povero salmone uscì dal ristorante e si ritrovò nell’acquaio di una casa con una bimba di nome Quartilla, che chiamò la mamma. Subito capì che il salmone era scappato dal ristorante di Marco Cuore, allora lo avvolse in un telo bagnato d’acqua e lo riportò al cuoco.

Marco quando vide arrivare quelle due persone con il salmone, urlò dalla gioia e propose a Quartilla ed alla sua mamma di accomodarsi a gustare una cena.

Marco prese il taccuino, segnò i piatti che avrebbe dovuto cucinare, mentre la bimba e la mamma avevano l’acquolina!

Primo piatto pasta, prosciutto e piselli e per secondo naturalmente il salmone! Come dolce, preparò una torta a forma di cuore.

La cena era squisita, la serata si concluse dopo quattro ore ed il mattino seguente, Quartilla raccontò a scuola la sua fantastica serata!

Il cuoco Marco Cuore era proprio felice perché da quella sera, il suo ristorante era sempre colmo di clienti che gli facevano tanti complimenti!

 

 

 

 

A … L’aereo di Alberto

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Alberto è un bambino molto simpatico e ama giocare con il suo aereo. L’ha ricevuto come  regalo per il suo compleanno ed è diventato il suo gioco preferito. Alla festa, c’erano tutti gli amici di scuola e della squadra di calcio: sei anni sono un traguardo da festeggiare. I suoi amici vorrebbero giocare con Alberto, magari a nascondino, videogiochi o altro. Ma lui inventa sempre il gioco dei piloti, così può usare il suo aereo e farlo volare in alto, nel cielo, tra le nuvole e vicino al sole.

L’aereo di Alberto si chiama Ariello, è bianco e azzurro, con due righe arancioni. Le ali hanno il simbolo del sole e le ruote sotto il carrellino sono nere. In effetti è molto bello ed Alberto è felice di avere questo gioco, tanto che se lo porta ovunque.

Un giorno lo ha portato a scuola e la maestra durante l’intervallo, ha organizzato per  Alberto e i suoi amici un gioco speciale: “ Via del cielo 23”. Si tratta di una gara, con delle tappe in cui l’aereo di Alberto passa da un bimbo all’altro, fino ad arrivare alla fine del viaggio, cioè in via del cielo 23.

È stato molto divertente ed ogni volta che  gli amici di Alberto vedono un aereo volare e lasciare la scia, pensano a lui ed al suo mitico aereo che ha fatto diventare amici proprio tutti!

 

B … La barca di Bartolomeo

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Bartolomeo era un pescatore ed ogni giorno  andava in mare con la sua barca per pescare  molti pesci  e poterli vendere.

Era il suo lavoro, gli piaceva perché amava il mare, il suo profumo e il rumore delle onde. Amava la sua barca che era grande, verde e arancione.

Tutti i giorni molto presto, il pescatore lasciava il porto con la sua barca e  navigava in mezzo al mare in cerca di pesci. Stava là per molte ore, faceva una pausa per il pranzo, mangiava i panini o la bistecca che  di solito gli preparava sua moglie Bea e mangiava il budino, biscotti e beveva bibite!  Poi un pisolino e di nuovo al lavoro.

Da alcuni giorni però, il mare non regalava  molti pesci e Bartolomeo non poteva fare bene il suo lavoro. Ma lui aveva la speranza che i pesci tornassero.

Una mattina Bartolomeo sentì un suono provenire dall’acqua e si avvicinò a vedere …

C’era un delfino che sembrava lo chiamasse per giocare con lui, continuava a girare attorno alla barca di

Bartolomeo che perse l’equilibrio e … splash!

Cadde in mare ed il delfino si avvicinò, lo portò in un altro punto dove Bartolomeo vide moltissimi pesci.

Allora tornò sulla barca, si spostò e dopo alcune ore   tornò a casa con la rete piena di pesci. Bartolomeo da quel giorno tornò sempre a ringraziare il delfino che lo aveva aiutato, tornava a casa stanco ma sempre più felice grazie al suo nuovo amico delfino Benny.

 

 

 

 

Bilancio di un percorso a distanza ma … condiviso

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L’emergenza sanitaria che ha colto di sorpresa il nostro paese alcuni mesi fa, ha portato  fatiche fisiche, economiche e psicologiche. Si è fermato, anche il mondo della scuola, i  bambini più piccoli, i ragazzi più grandi e gli insegnanti. La didattica non era  più in presenza ma a distanza, caratterizzata dall’utilizzo di strumenti tecnologici come unico mezzo di comunicazione possibile. Tante le critiche e tante polemiche si sono scatenate rispetto all’argomento scuola. Sicuramente eravamo tutti impreparati a questo tipo di emergenza, non ci sono state risposte certe da subito, in molti  non abbiamo condiviso  le scelte del Governo e questo  ha contribuito a destabilizzare la situazione.

Tanti docenti però si sono subito resi disponibili e sono stati vicino ai loro alunni e alle famiglie in modo costante, dimostrando grande professionalità. Tra le polemiche di questo periodo ho sentito spesso le voci  di genitori, alunni e insegnanti. Io faccio parte di tutte queste categorie: sono mamma di due ragazzini che frequentano la scuola secondaria di primo e secondo grado, sono insegnante di scuola primaria, sono studentessa perché  frequento corsi per continuare a formarmi. La mia filosofia di vita è sempre stata quella di essere positiva rispetto alle situazioni più avverse, che nella vita senz’altro non sono mancate. In questo periodo fin da subito, ho cercato di portare messaggi positivi a tutte le persone che mi stavano intorno, dai familiari agli alunni, ai colleghi. Insieme a molti di loro poi, ho cercato e trovato un confronto costruttivo e produttivo per far fronte a questa emergenza in modo professionale, sensibile  e creativo. Giunti quasi alla fine di questo percorso, c’è anche molta stanchezza perché tutti abbiamo lavorato. Gli alunni hanno risposto alle richieste degli insegnanti, chi più chi meno, i genitori sono stati un supporto molto prezioso per la didattica a distanza, soprattutto per le prime classi della scuola primaria e per l’infanzia . Gli insegnanti hanno cercato di fare del loro meglio, mettendo in campo competenze che forse neanche loro sapevano di possedere. Il mio sguardo è ora proiettato all’inizio del nuovo anno scolastico, che attendiamo tutti nella speranza di poter iniziare in presenza e in totale sicurezza. Tuttavia ritengo fondamentale conservare tutte le strategie che in questo periodo sono state provvidenziali per  il mondo della scuola. Mi sento lontana sia dalla politica che dalle polemiche perché sono molto più vicina a  quello che ho vissuto personalmente in ogni parte: un’esperienza professionale alternativa ma  seria ed intensa, con alcune lacune certo, ma nella scuola sbagliare è sinonimo  di nuove possibilità. L’esperienza di aver trascorso tanti momenti insieme ai miei figli che spesso sono mancati per gli impegni di tutta la famiglia. La fruizione di corsi di formazione che mi serviranno in futuro, perché non si smette mai di imparare.

Mi auguro che la mia visione possa essere condivisa da molti per ripartire ancora più forti e ancora più competenti,  nell’ottica di agire insieme per migliorare la società senza lasciare spazio a polemiche inutili che spesso distruggono anche le piccole cose belle. Continuiamo così, a fare il nostro dovere senza arrenderci, senza  pensare a quali scelte ci saranno, alle quali purtroppo ci adegueremo,  ma semplicemente cercando di agire con il buon senso che  accomuna insegnanti, genitori ed alunni.


La casa dagli occhi grandi

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In un piccolo paese in provincia di Lodi vivevano tre amici che fin da piccoli erano cresciuti insieme. Abitavano al confine tra il loro paese e la città, che i tre amici non amavano molto. Tutti  preferivano  la tranquillità della campagna, i suoni e rumori del bosco, i colori che cambiavano in primavera e regalavano a quel posto una parvenza magica, che li proiettava in una dimensione quasi fantastica.

Aldo, Barto e Carlo frequentavano la stessa scuola, un istituto molto particolare costruito fuori dal paese ed immerso nel verde, proprio per consentire a tutti i bambini di vivere un’esperienza scolastica fuori dal comune,  in un ambiente che sarebbe stato provvidenziale per la loro crescita e per il loro apprendimento. Tutti arrivavano a scuola piedi in ogni stagione, perché uno dei principi di questo nuovo percorso era proprio quello di dedicare del tempo a raggiungere la scuola, non meno di dieci minuti.  Una bella passeggiata che consentiva di apprezzare contemplare la bellezza della natura con ogni colore e sfumatura in ogni momento dell’anno.

I tre amici abitavano nello stesso palazzo per cui ogni giorno si davano appuntamento al portone d’ingresso e raggiungevano la scuola insieme, chiacchierando e progettando che cosa avrebbero potuto fare il pomeriggio insieme: giocare a calcio, andare per il paese in bicicletta, giocare a tennis nella palestra della scuola e poi dedicare del tempo anche allo studio.

Aldo frequentava la classe quarta alla scuola primaria e Barto la classe quinta. Carlo invece, era al primo anno della scuola secondaria.

Aldo aveva anche una sorella più grande, Anita di quattordici anni, che frequentava il liceo scientifico, amava studiare e trascorreva tutto il suo tempo libero nella biblioteca della scuola. Lui era più giocherellone, amante del divertimento e delle giornate insieme agli amici all’aria aperta, nonostante anche a lui piacesse molto studiare e fosse interessato ad ogni disciplina.

Barto era figlio unico, i suoi genitori erano avvocati e avevano già stabilito per lui il corso di studi e la sua professione futura: sarebbe entrato a far parte del loro studio legale.

Lui però, aveva una grande passione, la cucina ed il suo sogno era quello di aprire un ristorante. Per no scatenare discussioni con i suoi genitori, per ora quel sogno era un segreto tra lui e i suoi due amici.

Carlo aveva due fratelli più grandi, Camillo e Cesare, quest’ultimo non aveva voglia né di studiare e neppure di lavorare. Camillo invece era al terzo anno della stessa scuola di Carlo ed era un ragazzino simpatico che si impegnava molto a scuola.  Carlo avrebbe voluto essere come lui, crescere con i suoi interessi per il mondo animale e la natura, impegnarsi e studiare per realizzare il suo sogno: diventare un veterinario. Ma Cesare gli diceva che era tutto tempo perso.

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La nostra scuola

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Siamo arrivati alla fine dell’anno

e c’è qualcosa che tutti ben sanno

In questi mesi la scuola è cambiata

strana e diversa da come è iniziata.

Giunti alla fine di questo percorso

ora il bilancio del tempo trascorso

porta a noi tutti un sasso nel cuore

che pesa più di ottomila parole.

Niente più abbracci e niente bacioni

ma dallo schermo cantiamo canzoni,

molte le lacrime e tanta emozione

ora compaiono per l’occasione.

Di questi mesi è mancato l’affetto

ogni momento, lezione o progetto.

Sono mancate le belle risate

che nella classe  son le più  amate.

Abbiamo avuto coraggio e  pazienza

in questa  didattica d’emergenza

e la distanza non ci ha allontanato

perché una traccia di noi ha lasciato.

Con entusiasmo ripartiremo

tutti a settembre a scuola saremo

dove ci aspettano dei cambiamenti

ma noi saremo  tutti contenti.

Alunni, insegnanti e genitori

sperano che questa scuola  migliori

questa esperienza forse è servita

ad apprezzare di nuovo la vita.

Ora il riposo in famiglia  ci aspetta

staremo insieme ma senza fretta

poi uniremo  le menti e il cuore

per costruire un futuro migliore.

Un habitat per tutti

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Tanto tempo fa all’origine del mondo le prime forme di vita nacquero proprio nell’acqua. Gli oceani, i fiumi e i laghi erano abitati da piante acquatiche come alghe, giunchi e ninfee. I primi animali furono i pesci, poi fu la volta degli anfibi, che potevano vivere sia in acqua che sulla terra. Poi comparvero i dinosauri, i mammiferi, fino ad arrivare a tutti gli animali che oggi conosciamo.
Di generazione in generazione però un animale d’acqua non smetteva di essere prepotente. Era lo squalo che insultava tutti i giorni il povero koala che viveva sulla terra. Lo squalo lo invitava a lasciare la spiaggia in cui lui e altri animali andavano a giocare. Questo odio si alimentò sempre di più e arrivò il momento in cui tutti gli animali che vivevano nell’acqua non sopportarono più gli animali che vivevano sulla terra. Il riccio litigava con il pesce gatto, il barracuda faceva i dispetti al tasso e alla mucca. Il pesce cane disprezzava il cavallo e l’orso, il granchio litigava con l’asino, la medusa allontanava il cane e nella confusione di un grande litigio un giorno gli animali che vivevano nel mare andarono a vivere sulla terra e quelli che invece abitavano sulla terra andarono a finire in laghi fiumi e oceani. Tutti stavano male, perché non erano nel loro ambiente ideale e così avevano davvero delle difficoltà. Il tonno e la carpa si riparavano all’ombra dei pini e delle betulle ma mancava l’acqua. La balena soffriva e non riusciva più a muoversi perché era impigliata tra i girasoli e betulle. Il lupo e il gatto cercavano di portare acqua in grande quantità ma non era mai sufficiente per loro. Tutti si lamentavano e la rana che passava da un ambiente all’altro con i suoi salti, non riusciva più a curare i malati.

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La leggenda dell’arcobaleno

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C’era una volta un piccolo gnomo di nome Felice che viveva nel cuore di un bosco dove nessuno era mai stato; lo gnomo viveva da solo, aveva alcuni amici che a volte andavano a trovarlo ma spesso lui dormiva. Alcuni giovani gnomi passavano da casa sua per ricevere consigli e per osservare da vicino gli esemplari più belli  che la natura potesse regalare.

Da molti anni infatti, lo gnomo si dedicava alla cura degli animaletti che vivevano nel bosco e che avevano bisogno di cure ed attenzioni. Li nutriva e li curava in caso di bisogno, insegnava loro come procurarsi il cibo, come vivere lontano dagli uomini che  avrebbero potuto ferirli. Insegnava loro soprattutto e rispettarsi, aiutarsi e volersi bene.

Un mattino al suo risveglio, trovò fuori dalla port della sua casetta dei fiorellini colorati, pensò che forse i suoi amici erano andati a trovarlo ma lui non c’era, per cui sistemò i fiori sul davanzale della finestra.

Dopo alcuni giorni, i fiori avevano ancora colori splendenti ed emanavano un profumo gradevole e delicato. Felice non voleva che si sciupassero, così li sistemò in casa sul tavolino, poi uscì a tagliare la legna.

Ma al suo ritorno, il vaso di fiori era a terra ed i colori si stavano spegnendo.

Così Felice, decise di recuperare quel profumo e quei colori e pensò: “Potrei spremere i fiori, così ne conserverò l’essenza”.

Quindi prese i fiorellini colorati di rosso e iniziò a schiacciare tutto il succo racchiudendolo poi in un bicchiere.

Poi prese il fiore giallo e fece la stessa cosa anche per i fiori arancioni, verdi, blu azzurro e violetto.

Soddisfatto del suo lavoro preziosamente custodito sul suo tavolo, si addormentò.

Ma durante la notte due gnomi dispettosi andarono vicino alla casetta di Felice, videro i bicchieri con dei liquidi colorati e decisero di fare uno scherzo.

 

 

 

Felice ogni tanto riceveva la visita di quei due tipacci, presuntuosi e bulli, che approfittavano della sua benevolenza per prendere cibo, legna, abiti, scarpe e tutto quel che a loro serviva. Lo gnomo aveva cercato tante volte di farli cambiare, provare a renderli onesti, ma i suoi tentativi si erano sempre rivelati un fallimento.

Quella notte i due bulli non avevano trovato nulla di interessante, né cibo, né altro, per cui si sdraiarono sul divanetto di Felice ed attesero l’alba, poi prima che lui si svegliasse decisero di lasciare il segno della loro visita: presero i bicchieri dal tavolo per lanciare in alto tutti i colori e si formò una grande macchia in cielo.

Gli gnomi dispettosi scapparono via ridendo a crepapelle e quando Felice si svegliò si turbò nel vedere queste macchie di colori che copriva il sole. Felice allora iniziò a piangere, questa volta era proprio disperato, gli gnomi erano riusciti a colpirlo ancora una volta. Tutti i colori ed i profumi di quei magnifici fiori erano andati perduti. Piangeva così tanto che tutte le sue lacrime finirono in un secchio vicino ai bicchieri in cui erano rimaste alcune gocce di tutti colori, inaspettatamente Felice guardò nel secchio e capì che forse … non tutto era perduto.

Il saggio gnomo sistemò i bicchieri sul tavolo come aveva fatto la sera prima e versò le sue lacrime; prima nel bicchiere con le gocce di rosso, poi a seguire arancione, giallo, verde, indaco e violetto. Fortunatamente il sole riuscì a farsi spazio in quella macchia confusa di colori ed un raggio luminoso andò a colpire i bicchieri da cui magicamente, con uno strepitoso luccichio, uscirono i colori ed in un baleno volarono in cielo formando un arco.

Il sole aveva premiato la pazienza dello gnomo Felice che chiamò quell’ incontro speciale tra il cielo e i colori “ARCOBALENO”.

Uno spettacolo davvero emozionante, un insieme di sette olori che impreziosiva il cielo e profumava l’aria.  Tutti gli animaletti del bosco erano giunti a casa di Felice ad ammirare quello spettacolo unico e meraviglioso.

 

 

 

Anche i suoi amici gnomi lo raggiunsero e chiesero a Felice come avesse fatto a creare quella magia. Tutti restarono senza parole e lo gnomo Leo disse: “Amico mio, in tanti anni non ho mai visto nulla di simile. Grazie per averci regalato questo spettacolo, è come se il cielo avesse deciso di dare al mondo una speranza, perché con la bontà, la tenacia, la collaborazione e soprattutto l’amore nasce sempre qualcosa di bello”.

Anche gli gnomi dispettosi erano arrivati a casa di Felice, si fecero strada e quando si trovarono di fronte a lui, gli chiesero scusa. Erano pentiti per essersi comportati tanto male, ma se da un dispetto Felice aveva creato qualcosa di straordinario, era per loro davvero un segno di cambiamento. Avrebbero potuto davvero essere migliori, avere valori da insegnare e dare ai giovani il buon esempio.

Dopo quel giorno così ricco di emozioni, la vita del bosco tornò alla normalità.

Felice si dedicò come sempre al suo lavoro di taglialegna e custode degli animali, con l’aiuto degli gnomi dispettosi che avevano deciso di essere persone buone. Nel tempo libero costruivano giochi per tutti i bambini del mondo.

Di tanto in tanto, dopo il temporale, Felice guardava in cielo ed appariva l’arcobaleno, un’esplosione di colori che lasciava tutto il modo ad ammirare quella meraviglia per qualche secondo.

Come tutte le magie, anche l’arcobaleno scompare in fretta, ma lascia nel cuore la pace e regala a tutti in modo silenzioso e magico ingegno, bellezza e bontà, strumenti indispensabili per rendere migliore il mondo.