IMPERFEZIONI PEDAGOGICHE

Pedagogia

Parlar di gentilezza

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Che cos’è la gentilezza

Da sempre la gentilezza deriva da insegnamenti ed esempi generativi di persone familiari che ponevano al primo posto l’arte della relazione personale, utile ad intrecciare rapporti di tipo commerciale e sociale. Se provassimo a chiedere alle persone di definire la gentilezza avremmo tante interpretazioni con un nome comune : comportamento rispettoso.

“La gentilezza, è la delizia più grande dell’umanità” (Marco Aurelio). Se chiedessimo ai bambini di parlare di gentilezza, loro porterebbero esempi pratici come dire grazie, essere educati, rispettare chi abbiamo di fronte. Con infinita semplicità delle loro parole,  saprebbero infatti spiegare la gentilezza: un modo di comportarsi che rende felici tutti.

La gentilezza nel tempo

Con il Cristianesimo la gentilezza divenne un esempio caritatevole, un atto d’amore verso il prossimo, un modo di vivere.

Nel tempo altri filosofi hanno scritto e parlato di gentilezza, definendola un comportamento che potesse giovare non solo a se stessi ma anche agli altri. Essere gentili significava offrire all’umanità un’occasione di confronto, di apertura, di dialogo., il rispetto e l’educazione che si manifestavano in ogni occasione hanno caratterizzato i periodi più travolgenti della società di un tempo, dall’umanesimo al rinascimento.

Nel 1205 San Francesco d’Assisi grazie alla sua conversione, contagiò molte persone con il suo desiderio di aiutare e amare il prossimo, con parole e opere gentili, divenute poi quotidianità e azione caritatevole.

Il periodo dell’Umanesimo vide protagonista la gentilezza nell’ambito educativo e sociale con la finalità di consolidare lo spirito e l’animo delle persone e infondere sicurezza.

Il filosofo David Hume nel 1741 pose l’attenzione a quanto fosse necessario elevare la pratica della generosità e della gentilezza, dote innata nelle persone a suo parere capace di donare benessere.

 

La gentilezza oggi

Oggi la parola gentilezza sembra poco importante, eppure il 13 novembre ogni anno si ricorda la giornata della gentilezza durante la quale si alimentano e si mettono in pratica buone azioni che dovrebbero poi divenire consuetudine. L’idea di istituire questa giornata è nata in Giappone e nel 2000 è stata resa nota anche in Italia grazie ad un movimento che ha sede a Parma.

In molte occasioni abbiamo sperato che la gentilezza potesse divulgarsi più di altre mode anche nella nostra società così cambiata, in movimento continuo. Sempre più spesso assistiamo a comportamenti motivati da egoismo e presunzione piuttosto che generosità e aiuto verso chi ha bisogno.

La gentilezza a scuola e a casa

Ancora una volta i bambini offrono un contributo interessante perché nelle scuole e nelle famiglie con le loro azioni talvolta spontanee, talvolta guidate da saggi genitori e insegnanti, sanno far rinascere la gentilezza nella sua forma più pura e più maestosa. L’azione educativa che suggerisce comportamenti gentili infatti, mortifica e pone in ombra usi inadeguati ad un contesto sociale in formazione costante. La famiglia in quanto agenzia educativa per eccellenza, è la prima a dare l’esempio di comportamenti dignitosi, lodevoli e gentili, caratteristici di ogni soggetto attivo in una società. La scuola poi, valorizza il compito formativo, per garantire ai bambini continuità, coerenza, veridicità e infinita bellezza.

Il bello della gentilezza infatti, è che non si perde e non si consuma, anzi, se alimentata con perseveranza e manifestata in continuazione, si diffonde, si rigenera, facilitando l’emergere di personalità limpide, sincere e decise. La forza della gentilezza sta proprio nell’essenza stessa del termine: nobiltà d’animo acquisita con l’esercizio della virtù; atto, espressione, modi gentili, proprio come scrisse il poeta Giudo Guinizzelli nell’opera “ Al cor gentil rempaira sempre amore” (XIII secolo).

In occasione della giornata della gentilezza, azioni, poesie o  racconti narrati possono aiutare a diffondere questo nobile sentimento, nella speranza che possa emergere senza timore alcuno, ma con la certezza di compiere un passo verso la crescita dell’intera umanità.

 

Bibliografia:

Ferrari S, poesia “La gentilezza”, 2020

Guinizzelli, “Al cor gentil rempaira sempre amore” XIII secolo

Stilton. G, “Il piccolo libro della gentilezza” Piemme, 2020

 

Sitografia:

https://www.officinafilosofica.it/blog/gentilezza/

https://it.wikipedia.org/wiki/Francesco_d%27Assisi

https://it.wikipedia.org/wiki/Cantico_delle_creature

https://www.silviastrocche.it/la-gentilezza/

 

Grandi risorse e competenze a fine anno scolastico

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Gli argomenti che sono stati sviluppati nel corso di questo anno scolastico così travagliato e per certi aspetti faticoso, hanno consentito sia ai miei alunni che a me di approfondire alcune tematiche legate al raggiungimento delle competenze.

Una delle attività conclusive di lingua italiana, storia, educazione civica è stata la realizzazione del curriculum dello studente, con una rilettura adeguata ad una classe quarta della scuola primaria. Insieme agli alunni ho elaborato una traccia che tutti hanno  compilato a casa in autonomia. Ho chiesto poi di arrivare in classe con un abbigliamento elegante per la presentazione di  un loro progetto del  recente passato e volto al futuro  (avevano come accessori anche cravatte, borse, collane e scarpe con i tacchi!). È stato molto interessante ascoltarli perché i bambini hanno dimostrato di avere grandi risorse e di saper coinvolgere tutti i compagni che si sono sentiti motivati a porre domande per soddisfare tutte le curiosità, con estremo rispetto gli uni verso gli altri.

Con molta determinazione ed entusiasmo, ognuno ha elencato le scuole, le classi frequentate fino ad ora, le varie attività, i progetti svolti nell’anno scolastico, eventuali partecipazioni a concorsi promossi dall’Istituto e per finire uno sguardo al futuro con la spiegazione delle idee creative legate alla   professione che sognano di intraprendere da grandi. Da qui tante considerazioni legate agli studi necessari per raggiungere l’obiettivo, alle risorse materiali da utilizzare, alle persone coinvolte e alla motivazione che aveva suggerito la loro scelta.

Si sono così incrociati tanti discorsi di educazione civica riferiti alla legalità, all’ ambito giuridico, all’importanza del rispetto di diritti e doveri dei cittadini, alle regole, alla tutela delle minoranze, alla salvaguardia dell’ambiente e degli animali, alla  tecnologia come fonte di innovazione e crescita personale e professionale.

Tanti gli aspetti che hanno permesso a noi tutti di riflettere, di portare esempi carpiti  dalle nostre esperienze quotidiane, di vedere il futuro con entusiasmo e fantasia, lasciando perdere ciò che non funziona, ma provando a trovare soluzioni immediate per attivare da subito, nel nostro piccolo, comportamenti sostenibili e generativi.

Ogni nostro gesto, ogni percorso familiare e scolastico, se proposto con cura, passione e determinata consapevolezza, contribuisce a migliorare la  qualità della vita e delle relazioni, senza le quali nessuno potrebbe rinnovarsi, riscoprirsi e sentirsi parte attiva nel mondo.

Questo importante incrocio didattico, educativo, storico e culturale, è indispensabile per il raggiungimento  delle competenze; rappresenta un modo innovativo e creativo di intendere la scuola, che oggi è luogo e spazio non solo fisico ma soprattutto emotivo e sociale.

Inaspettate fragilità

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Fatti non foste per viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”

è la celebre frase del Canto XXVI dell’Inferno nella Divina Commedia quando  Dante incontra  Ulisse . Egli ora  si trova nel girone dei fraudolenti, a causa dei suoi innumerevoli inganni, ma la visione dantesca offre uno slancio di positività, che mi porta a riflettere sulla condizione sociale attuale.

Secondo Dante, Ulisse non tornò a casa ma continuò a viaggiare in mare, spingendosi fino alle colonne d’Ercole considerate il limite oltre il quale nessun uomo aveva mai viaggiato. Aveva rivolto ai suoi compagni quelle parole sopra citate e li  invitava  a continuare il viaggio insieme a lui, senza timore, per raggiungere e conoscere altri luoghi.

Oggi noi adulti dove ci spingiamo per raggiungere la conoscenza? Ci areniamo e viviamo in modo passivo oppure proseguiamo il nostro viaggio alla ricerca di saperi sempre più ampi? Gli ambienti sociali, scolastici e professionali ci parlano di competenze da acquisire, per diventare cittadini del mondo, dare valore a regole, culture, al patrimonio artistico del nostro territorio, alla cittadinanza digitale.

Mentre la scuola è chiamata a svolgere percorsi di apprendimento trasversali volti a raggiungere queste competenze, molti adulti sembrano fermi, ancorati alle conoscenze del passato, perché si sentono presumibilmente completi e non si accorgono che questo restare fermi non stimola i bambini e ragazzi, ma anzi li rende vuoti e insicuri. La società cambia, evolve, si modifica in continuazione e gli adulti non possono fermare la loro sete di conoscenza, ma continuare ad acquisire competenze  per formare i giovani. Devono insegnare, imparare e coinvolgere con l’esempio di chi collabora, viaggia  e riesce a raggiungere gli obiettivi che  si pone. Solo unendo le competenze e acquisendone di nuove, la nostra società si trasformerà da liquida (Z. Bauman) a solida con basi sicure.

Questo non significa avere percorsi facili, ma usare l’incertezza per continuare a scoprire con coraggio e sacrificio ciò che serve per costruire un futuro migliore. Bauman ha affermato che “l’incertezza è l’unica certezza” proprio perché un’apparente fragilità nasconde molti modi di risolvere problemi, trovare diverse soluzioni.

Essere preparati di fronte all’imprevisto, continuare a formarsi per cambiare insieme alla società è il modo migliore per rafforzare la nostra esistenza, minacciata spesso dalla pigrizia mentale o dal desiderio di apparire. Questo  ci impedisce di inseguire la “virtute e canoscenza” di Ulisse, ci impedisce di essere punti di riferimento.

Possiamo cambiare prospettiva e donare al futuro una nuova speranza, viaggiando prima di tutto dentro noi stessi e scoprire la bellezza e la potenzialità dell’essere umano. Diamo quindi valore alla nostra esistenza, con responsabilità e creatività recuperiamo quel coraggio che spesso manca agli adulti, quello che serve da esempio ai giovani, che li motiva, li fortifica, li rende indipendenti e autonomi, nel loro viaggio colmo di incertezze ma di altrettante infinite possibilità di successo.

 

 

 

Un’esistenza felicemente imperfetta

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“ Essere felici non significa che ogni cosa è perfetta.

Significa che hai deciso di guardare oltre le imperfezioni “ (Brahma Kumaris)

Ho trovato questa frase sul calendario e credo  sia adatta ad ogni giornata che si apre nelle nostre vite. Spesso cerchiamo la felicità e pensiamo di poterla raggiungere quando  possediamo beni materiali, oggetti che aumentano apparentemente la nostra gioia. Cerchiamo la perfezione quando questa in realtà non esiste , ma esiste un modo per essere felici, che è l’insieme di tante splendide e uniche imperfezioni. Le piccole cose, i piccoli momenti spesso ci suggeriscono importanti valori: un sorriso, un caloroso saluto , un consiglio, la vicinanza di una persona cara,un amico ritrovato , l’affetto dai familiari , la stima  nei nostri confronti e la nostra verso  agli altri.

La felicità si costruisce un’emozione dopo l’altra, facendo tesoro di ogni singolo attimo che ci fa stare bene prima di tutto con noi stessi e poi con gli altri.

La felicità va cercata dentro di noi, manifestata senza eccessi ma con la consapevolezza di dire: eccomi, sono qui, faccio del mio meglio per vivere la vita seguendo valori etici, morali e religiosi che mi arricchiscono, rendendomi ogni giorno una persona migliore.

E poi si sbaglia certo, ma non ci si ferma di fronte all’errore. Si riconosce, si affronta e si cerca di superarlo con la forza che arriva da noi, quella forza che ci rende felici se riusciamo a superare gli ostacoli. La forza  ci spinge a guardare oltre, ci consente di osservare ciò che viviamo e a trovare sempre un valido motivo per scoprirci felici.

La forza e la felicità sono scelte di vita e ci aiutano a ritrovare in ogni percorso la vera essenza del nostro essere, a guardare oltre, per scoprire la bellezza di un’esistenza felicemente imperfetta.

 

In classe si può …

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Vivere il mondo della scuola significa far parte di una piccola società che si compone di alunni, insegnanti e genitori. All’inizio di un percorso di apprendimento, la classe si costituisce in modo naturale, casuale, con tanti  nomi da conoscere. Ma dietro ad un elenco c’è molto di più.

Ogni alunno, ogni insegnante ha la propria storia personale, che si intreccia alle storie degli altri. Viene scritta così una nuova storia di classe ricca di emozioni, avventure, fatti narrati e sentimenti che vanno a connotare una nuova identità sociale. Ogni soggetto coinvolto concorre all’ autonomia, alla libertà e alla valenza positiva del gruppo, tutti hanno così lo stesso obiettivo: star bene insieme.

La classe si può considerare un  luogo magico in cui quel che accade assume particolari caratteristiche che non sono trasferibili in altri contesti , ma che servono per vivere altre esperienze di vita. In classe si possono consolidare legami forti che diventano amicizie, in classe si può cantare, si può condividere, si può   esprimere  liberamente la propria opinione senza sentirsi giudicati perché alunni e insegnanti rispettano ogni spazio fisico e morale. Laddove non si riesca a costruire un clima sereno di classe, tutti i soggetti dovranno agire ed impegnarsi per rendere i rapporti amichevoli, genuini e coinvolgenti, per andare oltre le distanze sociali e formare cittadini del mondo.  Lo scopo del processo di apprendimento è quello di sentirsi inclusi in un contesto che possa preparare  alla vita di tutti i giorni. Credo che in ogni classe ci sia energia scolastica, che è l’insieme di momenti, fatti  e scambi che generano comunicazione positiva.

La classe può diventare il luogo in cui questa energia si propaga a tutti, alunni , insegnanti e genitori. Se tutti diventassimo davvero complici di un percorso di crescita, la classe potrà diventare un vero e proprio luogo sociale e culturale capace di far emergere il bello di ognuno, senza confini, senza limiti ma solo con infinita energia scolastica contagiosa.

( articolo pubblicato su “Tecnica della scuola” il 12/02/2021 )

In classe si può …

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Vivere bene il presente

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“… La peste aveva tolto a tutti la facoltà dell’amore e dell’amicizia; l’amore infatti richiede un po’ di futuro e per noi non c’erano più che attimi.”

La frase del filosofo Albert Camus, nel libro “La peste” (1947) mi porta a riflettere sulla situazione che stiamo vivendo, in cui le persone sono distanti, isolate, sole. Qualcuno non riesce a pensare al futuro, così come Camus descrive i personaggi del suo libro devastati da una situazione che sembra senza speranza.  Persino i sentimenti sono dispersi nel mare dell’incertezza, fluttuanti come onde talvolta tranquille e armoniose, talvolta impetuose e tempestose. La situazione che caratterizza il nostro tempo, non deve però lasciarci senza speranza, non deve soprattutto impedirci di pensare al futuro. Il meglio c’è ed è dentro di noi, ognuno con le proprie emozioni, capacità, ognuno con il proprio carattere può aiutare l’altro a scoprire il meglio, a farlo galleggiare e nuotare fino alla riva, portato in salvo da una di quelle onde tranquille che con eleganza ed armonia affrontano il pericolo continuando a stare calme.

Proviamo ad essere così, non lasciamo che questo periodo difficile ci tolga speranza e sentimenti ma facciamoli emergere e  condividiamoli per vivere bene il nostro tempo presente. Possiamo insegnarlo ai nostri cari, ai nostri figli, agli amici, ai ragazzi, diamo l’esempio con i nostri comportamenti corretti, con il manifestare  emozioni, contagiamo tutti di speranza e di pensieri migliori che servono al presente e saranno un nuovo punto di riferimento per il nostro futuro.

Partiamo da noi

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IMperfezioni PEdagogiche

è il nome della mia rubrica  che ho dedicato a momenti di riflessione per insegnanti, genitori, educatori. Volutamente le prime due lettere delle parole formano IMPE che significa: Innovazione, Motivazione, Pedagogica, Educativa.

Spesso sentiamo parlare di Innovazione e questo temine viene usato per indicare un cambiamento, un rinnovamento. Ne sentiamo parlare in  ambito tecnologico e scolastico, come modifica, miglioramento di un sistema che tenta di riformarsi adattandosi ai tempi che cambiano.   Innovazione per me, nell’aspetto educativo e pedagogico significa rivoluzione, perché i modelli che la società di oggi propone, sembrano essere lontani da ciò di cui hanno bisogno i bambini e i ragazzi. Gli adulti di età media pensano di poter usare la libertà di parola e di azione in modo similare in ogni situazione, perché è stata una conquista e si pensa di poter fare e dire ciò che si vuole. Per essere educatori e innovatori oggi occorre una rivoluzione che parte da noi, dall’interno, dall’idea che ogni parola e azione implica delle responsabilità e delle conseguenze. Continuando a far ciò che si vuole senza limite, neppure l’adulto ha più l’idea del limite stesso e di fronte ad ostacoli anche banali, cade in uno stato di abbandono perché non riesce a superarli. Già Rousseau, nel 1700, parlava di riorganizzare la società su nuove basi, per riscoprire il valore dell’individuo. Ora è giunto il momento della nostra nuova rivoluzione per ritrovare l’autorevolezza e la saggezza del ruolo quasi perduto di adulti consapevoli.

Motivazione è un termine importante che indica un atteggiamento, un comportamento volto a raggiungere un obiettivo. Per i bambini e i ragazzi, la motivazione è verso la scuola e l’apprendimento oppure verso interessi personali.  La famiglia è il primo luogo in cui la motivazione assume un significato prezioso perché orienta e incoraggia a fare del proprio meglio per dare valore alla propria individualità e personalità. A scuola, spesso la motivazione è legata al raggiungimento di obiettivi e traguardi, ma ciò che conta è il percorso prima del risultato. Avere una spinta interna ad apprendere, eseguire al meglio ed acquisire competenze, aiuta il soggetto ad agire per il piacere di imparare e di crescere in modo autonomo raggiungendo obiettivi di padronanza ( Dweck , 1978). Meglio quindi spostare l’attenzione sulle capacità e potenzialità di un soggetto per valorizzare e  far emergere le parti migliori.

La sfera Pedagogica, studia e analizza metodi e criticità relativi all’educazione. La pedagogia è una scienza umana che si colloca in un quadro interdisciplinare di saperi connessi tra loro. Il compito della pedagogia è quello di orientare l’uomo negli ambiti dell’educazione, dell’istruzione e della formazione. Inizialmente la sua connotazione era di tipo filosofico, poi nel Novecento la storia della pedagogia è stata sostituita dalla storia dell’educazione, più articolata e complessa che si occupa della conoscenza dei saperi e delle pratiche sociali.  ( F.Cambi, 2003). Parlare di riflessione pedagogica, implica quindi il coinvolgimento di altre scienze umane legate tra loro, di esperienze vissute, di istruzione formale e informale, di idee e modelli virtuosi da seguire, di insegnamenti e condivisioni, di sentimenti.

La parola Educazione deriva dal termine latino “educo” che significa allevare, nutrire, aver cura. Il luogo privilegiato dell’educazione e della cura è la famiglia, che si occupa di formare, far crescere il bambino dando forma alla sua personalità e insegnando comportamenti e atteggiamenti di gruppo adeguati alla società, alimentando i sentimenti più teneri e profondi. Le storie educative sono molte e sono state attraversate da varie epoche, in cui ci sono stati modelli rigidi e poi, negli ultimi decenni siamo passati ad un tipo di educazione quasi alla deriva, priva di fondamenta storiche. Così  i bambini e i ragazzi non si sentono ancorati a valori che possano garantire una crescita armonica, affidabile  e spendibile nel corso della vita, ma in uno stato di confusione di significati e di ruoli, che genera insicurezza.

Tutti questi termini, racchiudono naturalmente delle imperfezioni, perché nessuno è perfetto, nessun insegnante, nessun genitore e nessun alunno. L’errore è un modo per capire, per ripartire, per riflettere su come far meglio. Oggi un piccolo sbaglio viene vissuto come una tragedia, una vergogna, perché la società dell’apparire ci vuole sempre attivi in ogni prestazione, in competizione per dimostrare di saper fare sempre di più, come sostiene Han nel suo libro “La società della stanchezza” (2010) in cui vi è una profonda analisi dell’individuo che a fatica gestisce gli aspetti negativi dell’esperienza.  Meglio invece fermarci a riflettere, a capire uno sbaglio e porvi rimedio, vivere i momenti poco positivi come passaggi transitori che regaleranno momenti di felicità.  In questa prospettiva generativa,  proviamo a  ripartire ancora più motivati, con l’entusiasmo di poter essere esempi veri e concreti per le giovani menti che diventeranno i cittadini di domani, partendo dalla nostra esperienza, dalla nostra vita imperfetta ma felice. Nella mia rubrica parlerò insieme a voi di tutto questo, condivideremo emozioni e percorsi, idee e progetti per cambiare in modo creativo partendo da noi.

Il valore delle parole

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L’estate è ormai iniziata da molto e invita tutti a trascorrere giorni all’insegna del riposo e del divertimento dopo un periodo di lavoro intenso. In questi giorni, con molte persone ci si augura  buone vacanze sperando in  una  ripresa migliore rispetto ai mesi passati, che hanno avuto un peso psicologico, economico e sociale da non sottovalutare. Anche le parole  hanno un peso importante e sempre più spesso le persone dedicano messaggi sinceri a pochi amici scelti tra tanti, quelli veri, di cui ci si può fidare. Per me è sempre piacevole entrare in contatto con chi mi sta più vicino, ma poi trovo parole anche per altre persone e loro per me, grazie ad un legame morbido ed affettuoso che spesso lascia il segno.

Ci sono parole da dedicare a pochi e ci sono parole da scrivere o dire a persone che pur non rientrando nella stretta cerchia di amici o familiari, vivono con noi ogni giorno e con cui intrecciamo rapporti di lavoro, trascorriamo il tempo libero, oppure che abbiamo incontrato sul nostro cammino.

Alcuni giorni fa ho ricevuto il messaggio di una ragazzina, un tempo mia alunna: “Ciao Silvia, come stai? Sono in montagna e ti ho pensato spesso. Sai perché?  Se guardo i fiori ricordo la gioia e la fantasia quando li descrivevi a scuola e noi lì incantati ad ascoltare ed immaginare il loro profumo. L’acqua del ruscello poi … chissà dove stava andando e quanti amici avrebbe incontrato. Passeggiare con questi pensieri è stato ancora più bello e anche  mia mamma parlava con gli alberi ( non so cosa abbia  chiesto). La fantasia è contagiosa, come dici tu.”

Le parole di questa ragazza, mi hanno fatto piacere e mi hanno fatto riflettere su come sia importante donare frasi  agli altri, ad amici, familiari, conoscenti e nel mio lavoro di insegnante ai bambini , ai ragazzi  e ai loro genitori.

Non si tratta solo di parole, ma di sentimenti, di emozioni, di fantasia e creatività che, non mi stancherò mai di dirlo, alimentano la vita di ognuno di noi rendendola unica e straordinaria, consentendoci di vedere sempre il lato positivo, anche se a volte non sembra possibile.

Spesso ci sono parole che arrivano inaspettate e trovano spazio per entrare nei pensieri e nel cuore da chi le dice a chi le ascolta procurando una sensazione di gioia che resta. Mi ha colpito ed emozionato il modo in cui, con naturalezza e profondità, la mia ex alunna ha voluto raccontarmi la sua esperienza, ricordando il valore delle parole sentite da bambina e riutilizzate da grande.

Spero di continuare a trasmettere entusiasmo ma soprattutto emozioni con le mie parole e  di riceverne sempre molte,  così potremo dipingere ogni momento con i colori della fantasia e rendere la realtà splendente ed emozionante.

Silvia Ferrari

Bilancio di un percorso a distanza ma … condiviso

150 150 Silvia Ferrari


L’emergenza sanitaria che ha colto di sorpresa il nostro paese alcuni mesi fa, ha portato  fatiche fisiche, economiche e psicologiche. Si è fermato, anche il mondo della scuola, i  bambini più piccoli, i ragazzi più grandi e gli insegnanti. La didattica non era  più in presenza ma a distanza, caratterizzata dall’utilizzo di strumenti tecnologici come unico mezzo di comunicazione possibile. Tante le critiche e tante polemiche si sono scatenate rispetto all’argomento scuola. Sicuramente eravamo tutti impreparati a questo tipo di emergenza, non ci sono state risposte certe da subito, in molti  non abbiamo condiviso  le scelte del Governo e questo  ha contribuito a destabilizzare la situazione.

Tanti docenti però si sono subito resi disponibili e sono stati vicino ai loro alunni e alle famiglie in modo costante, dimostrando grande professionalità. Tra le polemiche di questo periodo ho sentito spesso le voci  di genitori, alunni e insegnanti. Io faccio parte di tutte queste categorie: sono mamma di due ragazzini che frequentano la scuola secondaria di primo e secondo grado, sono insegnante di scuola primaria, sono studentessa perché  frequento corsi per continuare a formarmi. La mia filosofia di vita è sempre stata quella di essere positiva rispetto alle situazioni più avverse, che nella vita senz’altro non sono mancate. In questo periodo fin da subito, ho cercato di portare messaggi positivi a tutte le persone che mi stavano intorno, dai familiari agli alunni, ai colleghi. Insieme a molti di loro poi, ho cercato e trovato un confronto costruttivo e produttivo per far fronte a questa emergenza in modo professionale, sensibile  e creativo. Giunti quasi alla fine di questo percorso, c’è anche molta stanchezza perché tutti abbiamo lavorato. Gli alunni hanno risposto alle richieste degli insegnanti, chi più chi meno, i genitori sono stati un supporto molto prezioso per la didattica a distanza, soprattutto per le prime classi della scuola primaria e per l’infanzia . Gli insegnanti hanno cercato di fare del loro meglio, mettendo in campo competenze che forse neanche loro sapevano di possedere. Il mio sguardo è ora proiettato all’inizio del nuovo anno scolastico, che attendiamo tutti nella speranza di poter iniziare in presenza e in totale sicurezza. Tuttavia ritengo fondamentale conservare tutte le strategie che in questo periodo sono state provvidenziali per  il mondo della scuola. Mi sento lontana sia dalla politica che dalle polemiche perché sono molto più vicina a  quello che ho vissuto personalmente in ogni parte: un’esperienza professionale alternativa ma  seria ed intensa, con alcune lacune certo, ma nella scuola sbagliare è sinonimo  di nuove possibilità. L’esperienza di aver trascorso tanti momenti insieme ai miei figli che spesso sono mancati per gli impegni di tutta la famiglia. La fruizione di corsi di formazione che mi serviranno in futuro, perché non si smette mai di imparare.

Mi auguro che la mia visione possa essere condivisa da molti per ripartire ancora più forti e ancora più competenti,  nell’ottica di agire insieme per migliorare la società senza lasciare spazio a polemiche inutili che spesso distruggono anche le piccole cose belle. Continuiamo così, a fare il nostro dovere senza arrenderci, senza  pensare a quali scelte ci saranno, alle quali purtroppo ci adegueremo,  ma semplicemente cercando di agire con il buon senso che  accomuna insegnanti, genitori ed alunni.