speranza

Speranza

150 150 Silvia Ferrari

Una bimba di nome Speranza viveva vicino al mare e ogni giorno le piaceva accompagnare suo papà pescatore alla barca, che lo avrebbe portato lontano a cercare tanti pesci. Insieme a lui c’erano altri pescatori, tutti amici di Leo, che lavoravano e si aiutavano nei momenti di difficoltà. Era il mese di gennaio e nonostante il freddo, i pescatori ogni giorno uscivano in cerca di pesci.

 Speranza, dopo aver salutato il suo papà, andava a scuola,  frequentava la classe terza e aveva molte amiche con cui giocare.

Spesso Speranza veniva ignorata da alcune sue compagne che non capivano l’importanza che lei dava al lavoro di suo padre. In fondo pescare significava poi vendere i pesci a tanti negozi e i soldi guadagnati erano il sostentamento di molte famiglie, anche di molti suoi compagni di classe. 

Un giorno accadde un fatto, che fece comprendere ai bambini più superficiali l’importanza del lavoro del pescatore.

All’alba iniziò a piovere  talmente forte, che nessuno riuscì ad uscire di casa, scuola chiusa, negozi chiusi. Tutti erano rimasti  ad attendere che la pioggia cessasse. 

Ma il papà di Speranza e gli altri pescatori, decisero comunque di preparare la barca e uscire  in mare. La bimba era molto preoccupata perché dalla finestra della sua camera vedeva le onde tanto alte e temeva che alla barca del padre e degli altri pescatori potesse accadere qualcosa.

 Nel pomeriggio la pioggia cessò e tutti uscirono dalle loro case, andarono di corsa al porto per attendere l’arrivo dei pescatori, ma nulla per molte ore. Speranza cercava di tranquillizzare le persone preoccupate, per prima la sua mamma. “Abbiate fiducia, sono certa che mio padre e gli altri pescatori torneranno!” Nessuno voleva rientrare a casa, così si organizzarono per la cena: ognuno preparò un cibo o una bevanda e  condivisero i piatti al porto, sempre con lo sguardo verso il mare che si era finalmente calmato. Tutti i bimbi e le bimbe della classe di Speranza si radunarono in cerchio e si scambiarono pane, polpette, frutta, bibite. In quel momento si sentivano tutti amici, uniti per la stessa causa: attendere il ritorno dei loro papà.

Era ormai buio quando all’orizzonte tutti videro delle luci, era la barca di Leo.

 I pescatori furono accolti con un grande applauso e con grande sorpresa tutti videro che le reti erano colme di pesci per tutti, una grande quantità sarebbe stata distribuita tra tutte le persone,  avrebbero potuto vendere il pescato ad altri paesi e avrebbero guadagnato abbastanza anche per i periodi meno abbondanti. 

Che gioia per tutti i familiari, anche i compagni e le compagne di Speranza, avevano finalmente capito l’importanza del lavoro dei pescatori.

Da quel giorno, chiamarono la barca SPERANZA,  in onore di quella bimba che aveva sempre avuto fiducia in loro e aveva sempre creduto alle molte possibilità che la vita offre, senza sprecarle. A tutti aveva dato un importante insegnamento con il suo esempio: la fiducia e la tenacia sono stati d’animo che portano a vivere con  forza e desiderio di rendere insieme il mondo migliore.

Pasqua di speranza

150 150 Silvia Ferrari

Tra i rami di pesco e d’ulivo

in  ogni momento che vivo,

un suono nell’aria si sente

accorre anche tutta la gente.

 

È Pasqua ed il cuore mi dice

che  è tempo di esser felice,

così con speranza  ed amore

sia  pace in un mondo migliore!

 

Vivere bene il presente

150 150 Silvia Ferrari

“… La peste aveva tolto a tutti la facoltà dell’amore e dell’amicizia; l’amore infatti richiede un po’ di futuro e per noi non c’erano più che attimi.”

La frase del filosofo Albert Camus, nel libro “La peste” (1947) mi porta a riflettere sulla situazione che stiamo vivendo, in cui le persone sono distanti, isolate, sole. Qualcuno non riesce a pensare al futuro, così come Camus descrive i personaggi del suo libro devastati da una situazione che sembra senza speranza.  Persino i sentimenti sono dispersi nel mare dell’incertezza, fluttuanti come onde talvolta tranquille e armoniose, talvolta impetuose e tempestose. La situazione che caratterizza il nostro tempo, non deve però lasciarci senza speranza, non deve soprattutto impedirci di pensare al futuro. Il meglio c’è ed è dentro di noi, ognuno con le proprie emozioni, capacità, ognuno con il proprio carattere può aiutare l’altro a scoprire il meglio, a farlo galleggiare e nuotare fino alla riva, portato in salvo da una di quelle onde tranquille che con eleganza ed armonia affrontano il pericolo continuando a stare calme.

Proviamo ad essere così, non lasciamo che questo periodo difficile ci tolga speranza e sentimenti ma facciamoli emergere e  condividiamoli per vivere bene il nostro tempo presente. Possiamo insegnarlo ai nostri cari, ai nostri figli, agli amici, ai ragazzi, diamo l’esempio con i nostri comportamenti corretti, con il manifestare  emozioni, contagiamo tutti di speranza e di pensieri migliori che servono al presente e saranno un nuovo punto di riferimento per il nostro futuro.

È domenica

150 150 Silvia Ferrari

Solo, il tiepido sole accarezza il paese,

quasi immobile e cauto in questo giorno di festa.

È domenica,

nel cuore ci sono  prudenza,

timore e incertezza.

La famiglia si stringe intorno alla tavola imbandita, timidi sorrisi  e preghiere.

È domenica,

ma nel cuore finalmente un raggio di quel sole tiepido giunge a scaldare.

La famiglia sorride al nuovo giorno unita e con amore,

con la preghiera che si diffonde e lascia messaggi di pace e speranza!

L’ ANNO VECCHIO E L’ ANNO NUOVO

150 150 Silvia Ferrari

Un giorno, l’anno vecchio stanco e dolorante, stava camminando su un sentiero che l’avrebbe condotto al ponte magico dove avrebbe aspettato la notte del 31 Dicembre per ritirarsi e lasciare la sua casa al nuovo anno.  Era il 29 Dicembre e a pochi giorni dalla sua fine, era pensieroso e preoccupato. Lungo il cammino, incontrò un giovane ben vestito, profumato e apparentemente molto gentile. Gli chiese: “Dove vai vecchio mio? Da dove vieni?”. L’anno vecchio rispose: “Sto passeggiando, vengo da una casa vicino alle Alpi e penso a tutto quel che ho fatto per gli uomini in questi mesi, mi chiamo Anvecco. E tu ragazzo, chi sei e come mai passeggi sulla riva di questo lago? Questi sono sentieri sconosciuti agli umani”.

“Mah … non mi dire, sei l’anno vecchio?” – e scoppiò in una risata fragorosa, tanto che il vecchio sussultò. Poi continuò: “Io sono Novano, l’anno che prenderà il tuo posto. Sono felice di incontrarti, ora ti dirò quel che penso di te, di come hai gestito le cose in questi lunghi mesi. Sei stato un disastro, guerre, malattie, tristezza, mancanza di lavoro e persone in difficoltà economiche, bambini senza famiglie, genitori senza il senso della responsabilità, furti, violenze, bullismo tra i ragazzi e molto altro caro Anvecco. Non mi basterebbe un altro anno intero per elencarti tutti i disastri …”. L’anno vecchio si sedette su una grossa pietra ed iniziò a raccontare a Novano: “Sai, figliolo, quando sono arrivato in questo mondo, ho trovato già tutto questo e non sapevo da che parte iniziare. maggiori informazioni